Quando si parla di social media management, ci si concentra spesso su obiettivi concreti: il target, l’analisi dei competitor, le metriche di performance, la qualità del piano editoriale. Tutto vero, ed è fondamentale farlo. Ma c’è un aspetto del lavoro di social media manager di cui si parla poco e che, invece, per me è cruciale: la relazione con il cliente.
E quando dico relazione, intendo quella con “la persona” cliente. Non parlo solo dell’azienda o del brand che rappresenta, ma dell’essere umano che mi trovo davanti, con tutte le sue sfumature. Lavorare bene in questo settore non significa solo saper creare un post accattivante o monitorare i KPI. Significa anche, e forse soprattutto, imparare a gestire personalità, caratteri e approcci al lavoro che possono essere molto diversi tra loro.
La parte che amo di più del mio lavoro è proprio questa: saper leggere le persone, capire chi ho di fronte e trovare il modo di adattare la mia comunicazione al loro modo di essere.
Non c’è una formula magica. Ogni cliente è unico, e ogni relazione richiede uno sforzo diverso. Ma una cosa è certa: se non si costruisce una relazione solida con la persona cliente, il rischio è che anche il progetto più promettente si inceppi.
Ci sono clienti entusiasti e pieni di energia, che portano molte idee al tavolo e stimolano la creatività, anche se a volte serve guidarli per canalizzare questa vitalità verso obiettivi chiari. Ci sono quelli attenti e prudenti, che vogliono analizzare ogni dettaglio prima di decidere, e con i quali è fondamentale instaurare un rapporto basato sulla fiducia e su una comunicazione chiara.
Poi ci sono i clienti che preferiscono delegare e affidarsi completamente: il loro approccio richiede di assumersi maggiore responsabilità e, allo stesso tempo, di aggiornarli costantemente per farli sentire coinvolti.
Infine, ci sono i visionari, che pensano in grande e puntano a innovare; lavorare con loro può essere stimolante, ma serve trovare un equilibrio tra le loro ambizioni e ciò che è realisticamente attuabile. E ci sono i riflessivi, che hanno bisogno di tempo per valutare ogni passaggio: con loro la pazienza e la capacità di spiegare il valore di ogni scelta diventano essenziali.
Questi caratteri diversi rappresentano la ricchezza e, a volte, la sfida di questo lavoro. Imparare a gestirli è parte integrante del successo, perché ogni cliente porta con sé un valore unico che, se ben incanalato, può fare la differenza nel progetto.
Adattarmi alle diverse personalità richiede tempo e flessibilità, ma è proprio questo che rende ogni progetto unico e stimolante. Per gestire al meglio sia le personalità più dinamiche che quelle più distaccate, è fondamentale concordare modalità e tempi di comunicazione chiari. Questo mi permette di evitare di essere travolta dall’entusiasmo di clienti iperattivi, mantenendo il focus sulle priorità, e allo stesso tempo di garantire un contatto costante con i clienti meno attivi, evitando che passi troppo tempo senza un confronto costruttivo.
Con il cliente pieno di energia e idee, il mio compito è innanzitutto ascoltarlo con attenzione. Prendo nota delle sue proposte, cercando di individuare quelle davvero utili per la strategia, e poi lo aiuto a fare ordine. In questi casi, è essenziale definire insieme delle priorità, mostrando concretamente come ogni idea può trasformarsi in azioni mirate e quali sono i benefici di concentrarsi su pochi obiettivi chiari.
Con chi ha bisogno di rassicurazioni, il mio approccio è molto più relazionale. Dedico tempo a spiegare ogni passaggio, fornendo aggiornamenti frequenti e risultati intermedi. Per esempio invio un breve resoconto settimanale in cui descrivo cosa è stato fatto e quali piccoli risultati si stanno già vedendo. Non parlo solo di numeri, ma racconto anche i passi strategici che stiamo facendo, per mantenere alta la fiducia. A volte organizzo brevi call dedicate proprio a rispondere a dubbi e a condividere la visione a lungo termine.
Quando il cliente tende a delegare completamente, il rischio è che perda il contatto con il progetto o si disinteressi. In questi casi, il mio lavoro è garantire che il progetto resti sotto controllo, mantenendo però il cliente coinvolto in modo pratico e non invadente. Lo informo regolarmente per iscritto, inviando aggiornamenti chiari e sintetici, che descrivono ciò che è stato fatto e i prossimi passi. Nonostante la fiducia nella delega, richiedo sempre la sua approvazione per le decisioni principali, spiegando il razionale dietro ogni scelta.
Con un cliente riflessivo, il mio approccio è più paziente e dettagliato. Preparo proposte ben strutturate e fornisco spiegazioni approfondite, includendo esempi concreti per aiutarlo a visualizzare il risultato. Se necessario, organizzo più incontri per discutere ogni aspetto e dare al cliente il tempo di ponderare senza sentirsi sotto pressione.
Questa attenzione alla relazione non è solo un gesto di cortesia: è un investimento. Un cliente che si sente ascoltato, compreso e supportato sarà più incline a collaborare, ad accettare suggerimenti, a fidarsi delle scelte strategiche. E questo, alla lunga, si traduce in risultati migliori per entrambi.
Alla base di tutto ci sono tre ingredienti fondamentali: ascolto, empatia e pazienza. Sono strumenti che vanno oltre le competenze tecniche e che diventano essenziali quando si lavora con clienti che, prima di tutto, sono persone. Persone con emozioni, imprevisti, e vite spesso intrecciate con il destino della loro azienda o del loro lavoro professionale.
Quando penso ai progetti che hanno avuto più successo, non è mai stato solo grazie a un piano editoriale perfetto o a una campagna che ha performato bene. È stato anche, e soprattutto, perché sono riuscita a costruire una relazione solida con la persona cliente. Perché alla fine, i social parlano alle persone. E per farlo nel modo giusto, dobbiamo iniziare noi stessi a mettere le persone – e non solo i numeri – al centro del nostro lavoro.